22 marzo 2013

Messa est

Io credo che la missione principale della dirigenza di un partito politico sia quella di meritarsi il dividendo di fiducia versato dai propri militanti, quantificato in ore e giorni sottratti agli affetti e stornati verso la causa della parte, chi a volantinare, chi dietro ai banchi delle istituzioni o dei quadri partitici.

La mancanza di questo dividendo preclude sia le feste da festeggiare che le piazze da riempire, perché il prestigio dei vertici è direttamente proporzionale all'impegno con cui viene prestata questa militanza.

Per quanto mi riguarda questo dividendo si é azzerato nel febbraio del 2010, al congresso, fra le claque giunte in autobus, le votazioni per acclamazione e gli insabbiamenti o le edulcorazioni delle mozioni scomode, quelle di Pardi e di Donadi.

Da quel momento, come molti, ho portato avanti una opposizione interna intransigente, personalmente ho materializzato questa protesta ribattendo su questo blog ciascun atto conosciuto compiuto dalla dirigenza del Partito in opposizione alla suddetta questione morale.

L'ho fatto perché ritengo che stigmatizzare pubblicamente certi comportamenti sia un deterrente riguardo episodi futuri, e perché avendo continuato a militare, sgomitando fra i banchi della circoscrizione,  mi sono guadagnato il diritto al mio dividendo, che era una gestione dei vertici consona al mio impegno e alle mie aspettative.

Sono entrato nell'IdV dalla porta principale, che per questo partito é stata quella della società civile, da privato cittadino ho scelto di prestarmi per la causa sollecitata da Di Pietro, che nel 2007 era quella della giustizia e del merito.

Sono passati sei anni, tre dal congresso del 2010, sei anni a misurare la distanza delle parole dai fatti.

"Fate quel che dico, non quel che faccio."

Qualche giorno dopo la famosa puntata di Report con cui la Gabanelli ha ucciso la figura politica del moscoso Di Pietro, il fondatore del Partito é stato invitato in televisione da Santoro, il Partito poteva ancora salvarsi, bastava rimettere il mandato davanti alla platea. Questo non è stato fatto, e per quanto mi riguarda l'IdV è morta quella sera.

Da quel giorno è passato del tempo, ho prima riflettuto, poi nel Partito è arrivato il circo, c'era chi stava col paracadute in mano pronto a lanciarsi su Rivoluzione Civile (come capo lista mascherato) sperando nel superamento dello scoglio, chi rimaneva in refrain, chi pareva tarantolato, chi armi e bagagli tornava da dove era venuto, chi faceva proposte, chi proponeva se stesso, chi voleva traghettare, chi tirava sassi nascondendo la mano, chi, da fuori, entrava in lista alla chetichella, e chi, fra le alghe e le correnti limacciose, continuava a strozzare il nemico interno di sempre come se nulla fosse, cadavere che strozza un altro cadavere dentro a un Titanic da settimane ormai adagiato su un fianco sul fondale dell'oceano.

Se i quadri sono questi allora il partito è finito.

Ho provato a produrre qualcosa di sensato, ho proposto una bozza, qualcosa per ripartire, che è finita come quelle risposte alle domande mai fatte.

Non vedendo un futuro ho deciso di porre fine all'agonia, ho rassegnato le dimissioni dalle cariche del partito ed ho tolto gli ormeggi.

Ho quindi veleggiato in splendida solitudine per una settimana, diretto verso nuovi lidi sospinto dal vento soave della mia esperienza: chi ha a cuore un'ideologia deve evitare i partiti post ideologici, quelli che ti vendono una figu come un ideale, quelli con dentro il personaggio del giorno, ieri il Di Pietro di Mani Pulite, come oggi Grillo. Prestanome, la domanda buona da porsi è "Prestanome di chi?"

Non sarò mai un grillino, perché la politica delle post ideologie è la politica dei partiti trasversali, quelli rinvenienti dalle quattro fette di metà maggioranza e metà opposizione che si gemellano, sono quelli i partiti reali, e a modellarli sono i differenti orientamenti ideologici dei singoli.

L'ideologia è potente, la ignori a colpi di marketing ma basta la prima votazione politica e i partiti si spaccano coma una cucuzza.

Dopo una settimana ho rivisto terra, il bello della politica è che è uno sport che si gioca fino a tarda età. Entrando ho incrociato gli sguardi di Gramsci, di Rosa Luxemburg, di Pertini, "a brigante brigante e mezzo!", mi stavano osservando appesi ai muri. Poi ho strinto le prime mani ed ho iniziato a conoscere i miei compagni, quelli, per dirla con Mario Rigoni Stern, coi quali spezzerò il pane nei prossimi anni, la politica, il quotidiano.

Nessuno di noi può sapere cosa diverrà nel futuro SEL, ma io sono fiducioso, se dimostrerà integrità morale è destinata a divenire l'alveo naturale della sinistra italiana, e quella parte politica di me entrando in quel portone in un misto di ansia, di fiducia e speranza, si è sentita a casa.


Fonte

@andreapetrocchi

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